Il parco nazionale copre una superficie di 75.353 ha. Nel 1910 fu dichiarato riserva naturale dal governo coloniale tedesco. Nel 1921 divenne riserva forestale. Nel 1973 l’area montana sopra la linea degli alberi (~2.700 m) fu riclassificata come Parco nazionale e nel 1987 è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
Sono ora presenti circa 140 specie di mammiferi, tra i quali sopravvivono una popolazione di qualche centinaia di elefanti, qualche esemplare di bufalo nero e di leopardo, mentre Il rinoceronte nero è scomparso; nella foresta pluviale ci sono babbuini e cercopitechi e altri primati; al di sopra della linea degli alberi si trovano l’antilope alcina e l’antilope di Abbot. Vi sono poi circa 180 specie di uccelli, la maggior parte delle quali abitano la zona di foresta pluviale, tra i quali il rarissimo lo storno di Abbot e la splendida nettarinia malachite di Johnston che si nutre del nettare di Protea e l’onnipresente corvo collobianco. Nei dintorni del nostro Lodge a Moshi e nel corso della salita ci siamo imbattuti in alcune di queste specie, in verità non molte, unitamente a insetti e qualche lucertolone.
La salita dalle pendici della montagna al punto più alto del cratere Kibo, Uhuru Peak (5.895 m), lungo la Machame Route, è un entusiasmante susseguirsi di fasce climatiche e vegetazionali che si attraversano longitudinalmente, al ritmo di una al giorno, dai 900 m di Moshi fino ai quasi 6.000 m della vetta.
Lungo questa via inoltre si incontra la storia geologica del Kilimanjaro rappresentata dai suoi 3 crateri principali che portano i nomi dei popoli Chagga in lingua bantu: a ovest Shira, con un’altitudine di 3.962 m e i suoi 500.000 anni di età, a est Mawenzi (5.149 m) e al centro Kibo, il più giovane con la vetta più alta dell’Africa, l’Uhuru Peak (5.895 m) e i suoi 360.000 anni. Scendendo tra Kibo e Mawenzi, dove salgono la Mweka e la Marango Route, si percorre una piattaforma di circa 3.600 ha, chiamata “La Sella”, che costituisce la più estesa tundra d’altura del continente.
La vegetazione del Kilimanjaro può essere suddivisa in cinque zone:
- FASCIA COLTIVATA – dalle zone pianeggianti (altopiano sui 900-1000 m) fino al limite del Parco Nazionale, posto tra i 1.600 e i 1.900 m a seconda del cancello di entrata, si succedono le coltivazioni con prevalenza di mais, caffè e banano, orticole e frutta varia.
- FORESTA PLUVIALE MONTANA (da 1.800 m a 2.700 m)- rigogliosa vegetazione dominata dagli alberi ad alto fusto. In queste condizioni climatiche gli alberi, in prevalenza Macaranga ricoperti di muschi e licheni, assumono dimensioni gigantesche e le chiome formano suggestive gallerie verdi.
- BRUGHIERA (da 2.700 m a 4.200 m) – a sua volta suddivisa in due sub-zone, quella più bassa dell’erica arborea (2.700-3.600 m) con prevalenza di specie arbustive e quella più alta, la brughiera propriamente detta (3.600-4.200 m), dove le piante più singolari e caratteristiche sono i seneci giganti.
- DESERTO D’ALTA QUOTA (da 4.200 m a 5.000 m), desertica e desolata. In queste inospitali condizioni sono state censite solo 55 specie pioniere assieme a muschi e licheni lapidicoli.
- ZONA SOMMITALE (da 5.000 m a 5.895 m), caratterizzata da condizioni climatiche molto fredde con basse temperature e forti gelate notturne, radiazioni solari molto intense, ossigeno rarefatto e le precipitazioni sono nevose, solo roccia, neve, ghiacci e pochi licheni.
1 – Zona coltivata
fino a 1.800 m
Il massiccio del Kilimanjaro, della dimensione di circa 80 chilometri in lunghezza e 40 chilometri in larghezza, si eleva isolato e imponente dall’arido altopiano circostante che si trova alla quota di circa 1000 m. Ho pernottato a Moshi ai piedi della grande montagna sul versante meridionale. Con i minibus ho raggiunto il Machame Gate (1730 m) per entrare nel Parco Nazionale, da cui sono uscito dal Mweka Gate (1980 m) per riprendere il minibus e tornare a Moshi.
Durante questi spostamenti ho avuto modo di osservare il territorio circostante.
La prima fascia vegetazionale della montagna è fortemente antropizzata: agricoltura e pascolo hanno alterato la naturale fisionomia caratterizzata da intricate boscaglie e macchie arbustive, sostituita da coltivazioni che sfruttano i fertili terreni e una fitta rete di canali regima le acque che scendono dagli alti pendii. Parcelle di mais, patate e ortaggi si alternano a piantagioni di banano (Musa spp., Musaceae), canna da zucchero (Saccharum officinarum, Poaceae), cacao (Theobroma cacao, StercIuliaceae) e caffè (Coffea arabica, Rubiaceae); attorno alle baracche piante di tamarillo o albero del pomodoro (Cyphomandra betacea), della famiglia della Solanaceae, con grappoli di bacche rosse e gialle, le rampicanti, alberi di papaya (Carica papaya) della famiglia delle Caricaceae con grossi frutti pendenti, la guaiava (Psidium guajava) delle Myrtaceae, tutti vegetali di origine sudamericana, si sono perfettamente adattati anche nel continente africano e vengono coltivati a carattere famigliare dove i frutti e loro derivati sono molto apprezzati.
Tuttavia i sistemi agricoli, non certamente intensivi, lasciano ancora spazio alla vegetazione spontanea e caratteristica che cresce rigogliosa grazie alle alte temperature e alle piogge frequenti. I prati sono costituiti da una graminacea, l’erba kikuyu, il miglio perlato (Pennisetum clandestinum, Poaceae), che raggiunge i 40-50 cm d’altezza, provvista di belle spighette con ligule vellutate, utilizzata anche per scopi ornamentali. In molte parti dell’Africa le cariossidi vengono ancora impiegate per ricavarne farina. I
trifogli, Trifolium semipilosum (Fabaceae) con fiori bianco-rosati e Trifolium usambarensis (Fabaceae) con fiori violetti, crescono nelle zone più umide assieme a Vernonia nigritiana (Asteraceae), con fiori raccolti in capolini porporini le cui radici si trovano essiccate nei mercati africani per le proprietà digestive, antidissenteriche e febbrifughe.
In prossimità delle abitazioni si vedono belle specie rampicanti come Pterolobium stellatum, una leguminosa spinosa che produce rossi baccelli peduncolati, le ipomee (Ipomoea spp.), convolvulacee volubili a rapidissima crescita con belle corone azzurro intenso, Clematis brachiata della famiglia delle Ranunculaceae con fiori rosati, e le onnipresenti bouganvillee (Bouganvillea spp.), della famiglia delle Nyctaginaceae e le passiflore (Passiflora spp.) ricoprono con cromatiche cascate floreali le abitazioni dei villaggi. Nelle zone ombrose si possono vedere gruppi di Streptocarpus glandulosissimus, strane piante erbacee appartenenti alla famiglia delle Gesneriaceae, dotate di grandi foglie e fiori di color fucsia intenso, assieme ai Plectranthus kilimandscharica, labiata dai fiori violetti, questi generi equatoriali vengono coltivati anche a scopo ornamentale.” Nelle città e nei villaggi infine si trovano diversi esemplari di Jacaranda mimosifolia, Jacaranda o Jacaranda Blu è una pianta appartenente alla famiglia delle Bignoniaceae, una pianta ora naturalizzata ed invasiva, originaria del Sud America in questo periodo in splendida fioritura.
2 – Zona foresta montana pluviale
da 1. 800 m a 2.700 m
La foresta pluviale è bellissima, una splendida passeggiata in un ambiente affascinante, tra grandi alberi grondanti di umidità e di muschi.
Ho attraversato questa fascia vegetazionale il primo giorno della salita, da Machame Gate (1740 m) e Machame Camp (3000 m) camminando lungo un sentiero in terra battuta, ampio e costruito con grande cura. Ho poi attraversato in discesa la stessa fascia vegetazionale l’ultimo giorno, il giorno dopo la cima, da Mweka Camp (3100 m) a Mweka Gate (1980 m), su un sentiero altrettanto ben preparato, ma lungo un versante dove la roccia madre lavica è più superficiale e di conseguenza il terreno più accidentato.
La gran parte delle piogge si formano a queste altitudini e l’acqua che non viene trattenuta dal rigoglioso manto vegetale, percola nel suolo di roccia lavica tufacea originando più in basso innumerevoli sorgenti. L’evaporazione è molto intensa e quasi sempre la zona è avvolta da nuvole basse e nebbia gocciolante, le notti sono fresche e serene e le temperature della giornata si aggirano tra i 15° e i 20° C tutto l’anno.
Questa è certamente la fascia più ricca di specie vegetali, dominata da alberi ad alto fusto dalle chiome rigogliose che ricoprono totalmente i sentieri formando suggestive foreste a galleria.
Questo “muro verde” non è naturalmente omogeneo e si evidenziano varie fitocenosi: la maggior densità di specie è localizzata in prossimità della chioma, diminuendo via via verso il suolo. L’elemento limitante la crescita vegetale è dato dalla luce, per ciò si instaurano delle vere competizioni all’accrescimento più rapido in altezza e si sono selezionate specie con grandi superfici fogliari. In queste condizioni climatiche gli alberi della foresta hanno assunto aspetti giganteschi e le chiome ricoprono totalmente i sentieri formando suggestive gallerie verdi.
L’albero più comune è la Macaranga kilimandscharica, una Euforbiaceae con corteccia grigia, levigata alla base, più scura nel tratto sommitale raggiunto dalla luce. Il tronco colonnare supera i 30-40 metri d’altezza, per ciò la base si presenta “a costole alate” per aumentare la superficie d’appoggio. È considerata una piante pioniere per la capacità di adattarsi a suoli con scarsi nutrienti. Assieme ad Albizia schimperiana (Fabaceae) e Mitragyna rubrostipulata, una Rubiaceae che produce grandi semi ovali, detengono il primato del gigantismo forestale. I tronchi sono rivestiti di muschi e licheni (Sistra retigera), dai rami pendono nastri di muschi e felci (Hymenophyllaceae sp.).
Ai limiti inferiori di questa zona si incontrano grandi esemplari isolati di eucalipto (Eucalyptus spp.), un genere di piante arboree sempreverdi originarie dell’Oceania, appartenente alla famiglia delle Myrtaceae, che diffondono nell’aria la caratteristica fragranza.
Tra le specie erbacee si incontrano specie caratteristiche quali le orchidee del genere Polystachya spp. (Orchidaceae) e Impatiens, Balsaminaceae con delicati fiori formano bei tappeti lungo i sentieri. Fra queste ultime spiccano Impatiens pseudoviola di colore rosa e Impatiens kilimanjari endemica, con fiori rosso scarlatto. Le radure sono colonizzate da Crassocephalum mannii, un arbusto della famiglia Compositae con la chioma ricoperta da profumati fiori gialli, mentre Mimulopsis kilimandscharica è una pianta erbacea della famiglia delle Acanthaceae con fiori bianco-rosa.
Nel versante nord e ovest la foresta riceve meno piogge e qui si incontrano comunità diverse. Crescono alti (fino a 30 m) e contorti ginepri Juniperus procea (Cupressaceae), e due specie di olivo, della famiglia delle Oleaceae, Olea africana alto fino a 10 metri e Olea kilimandscharica alto fino a 30 metri il cui legname viene utilizzato per costruzione.
Alle quote più elevate gli alberi si diradano. Sui 2.500 m e si osservano esemplari isolati di varie specie.
E’ comune la podocarpacea Podocarpus milanjianus, della famiglia delle Podocarpaceae, parente delle conifere, che fruttifica un arillo carnoso e commestibile appetito dalle scimmie e dagli uccelli della foresta, di Ilex spp., piante delle Aquifoliaceae con corteccia grigia e liscia, provviste di densi grappoli bianchi profumati, Nuxia congesta, un arbusto o piccolo albero (3-10 m) della famiglia delle Stilbaceae, con grappoli di piccoli fiori bianchi e dei grandi alberi della canfora africana Ocotea usambarensis, della famiglia delle Lauraceae, che possono raggiungere i 40 metri d’altezza.
Nelle zone più umide e riparate l’Hagenia abyssinica, Rosaceae con grandi foglie pennate che trattengono le acque meteoriche, si ricopre con eleganti fiori rosso scuro.
In questa zona lo strato di terreno è molto limitato e, assieme all’umidità , ridotta, ostacola lo sviluppo in altezza delle piante. Le leguminose del genere Crotalaria spp. (Fabaceae), così chiamate da krotalon = sonaglio, dal curioso suono metallico che producono i semi quando si agitano i frutti in cui sono contenuti, fiorisce generando belle macchie gialle, assieme alle malvacee del genere Pavonia spp. della famiglia delle Dictyotaceae, a fiori caliciformi rosa e alle vermiglie ombrelle degli Scadoxus multiflorus, Amarillidaceae coltivate anche nelle serre europee. Il bambù montano Arundinaria alpina (Poaceae), che forma una fitta cintura dai 2.100 m ai 2.700 m in tutte le montagne africane, sul Kilimanjaro è presente solo in piccole e limitate stazioni nei versanti nord e nord-est. La spiegazione viene individuata nelle piogge più ridotte che cadono sul Kilimangiaro rispetto alle altre montagne d’Africa dove le precipitazioni sono abbondantissime.
3 – Zona della brughiera
da 2.700 m a 4. 200 m
Al di sopra della linea degli alberi scompaiono le piante ad alto fusto ma sono tuttavia presenti numerose specie vegetali. Questa ampia zona può essere suddivisa in due subzone.
Subzona dell’erica arborea
da 2.700 m a 3.600 m
Ho camminato in questa fascia vegetazionale il secondo giorno, da Machame Camp (3100 m) a Shira Camp (3860 m) e scendendo dalla cima, dal Millennium Camp (3800 m) a Mweka Camp (3100 m).
La sottozona più bassa della brughiera è popolata da Erica arborea, che assume portamento ad alberello con tronchi nodosi e contorti, raggiungendo anche i 3 metri d’altezza. Le fioriture persistenti per vari mesi avvolgono le pendici della montagna creando fitte macchie con suggestivi effetti cromatici.
Altre piante arbustive sono: Philippa excelsa (Ericaceae), Hypericum revolutum (Hypericaceae) con piccoli fiori gialli, Leonotis mollissima, sempreverde della famiglia della Lamiaceae con lunghe spighe fiorite.
Subzona della brughiera propriamente detta
3600 – 4200 m
Ho camminato in questa fascia vegetazionale attraversando la montagna da Ovest ad Est il terzo giorno, da Shira Camp (3860 m) a Barranco Camp (3950 m ) e il quarto giorno da Barranco Camp (3950 m ) a Barafu Camp (4630 m) e ancora scendendo verso il Millennium Camp (3750 m) percorrendo “La Sella”, una piattaforma di circa 3.600 ha che costituisce la più estesa tundra d’altura del continente.
Le piante più singolari e caratteristiche di questa zona sono i seneci giganti, caratteristiche piante della famiglia delle Asteraceae dal lungo tronco che regge una ampia e carnosa rosetta fogliare. I seneci giganti assumono habitus arboreo, raggiungono anche i 7-10 metri d’altezza, con corteccia, una rosetta di foglie carnose e appuntite forma l’apice proteggendo le gemme vegetative dalle basse temperature. Quando muoiono le foglie, si essiccano e restano saldamente inserite al tronco formando uno spesso strato isolante. Ci sono due specie di seneci giganti: Senecio kilimanjari e S. johnstonii spp. cottonii ambedue endemici, hanno fiori piccoli e poco vistosi. Senecio meyeri-johannis, S. purtschelleri e S. shweinfurthii sono stretti parenti dei precedenti, assumono però sviluppo limitato, pochi centimetri e formano fitti cuscini giallo splendente.
Le lobelie sono altre curiosità del Kilimanjaro. Lobelia deckenii, una specie della famiglia delle Campanulaceae che cresce fino ad un’altezza di 3 metri, ha fusto cavo e i fiori blu disposti su grandi spighe verticali claviformi sorrette da un’ampia rosetta fogliare. Per poter vivere in queste condizioni climatiche attuano singolari strategie: durante la notte le foglie si richiudono verso il fusto centrale e secernono piccole quantità di soluzione acquosa che ricopre le gemme. Di notte l’acqua gelando riveste con uno strato di ghiaccio i delicati organi proteggendoli dalle basse temperature. L’impollinazione dei seneci giganti e delle lobelie è prevalentemente ornitogama e viene compiuta dalla Nectarinia johnstoni, un bellissimo uccello verde metallico che si libra nell’aria come il colibrì ed immerge nelle corolle il lungo becco per suggere il nettare.
Si trovano poi Anthospermum usambarensis, della famiglia delle Rubiaceae, cespuglio somigliante al cipresso con fioriture bianche, e Stoebe kilimandscharica (Asteraceae), con minuscole foglie grigio-argentate. Gran parte dei prati sono formati da graminacee (Poaceae): Agrostis spp., Festuca spp., Koeleria spp., Andropogon kilimandscharica. Disseminati tra le erbe, spinosi alberelli con chioma densa e fiori gialli della leguminosa Adenocarpus mannii della famiglia Fabaceae (Leguminaceae) che sopravvive ad elevate altitudini e bassi cespugli di Myrica meyeri johannis (= Morella salicifolia subsp. meyeri-johannis), una miricacea aromatica con foglie semplici e provviste di ghiandole con olii essenziali. I fiori più comuni appartengono al genere Helichrysum, della famiglia delle Asteraceae, che fioriscono raggruppati con capolini di vario cromatismo: H. meyeri-johannis, H. argyranthum, H. cymosum, H. newii e la specie più frequente, H. kilimanjari con fiori giallo intenso che conservano a lungo il colore anche nelle piante essiccate.
4 – Zona deserto d’alta quota
da 4.200 m a 5.000 m
Ho camminato in questa fascia vegetazionale attraversando la montagna da Ovest ad Est il terzo giorno, da Shira Camp (3860 m) a Barranco Camp (3950 m ) e il quarto giorno da Barranco Camp (3950 m ) a Barafu Camp (4630 m) e ancora scendendo verso il Millennium Camp (3750 m) percorrendo “La Sella”, una piattaforma di circa 3.600 ha che costituisce la più estesa tundra d’altura del continente.
Il paesaggio assume un aspetto desertico, desolato e la vita vegetale si riduce. Questa è la zona dove “è estate durante il giorno e inverno durante la notte”: le radiazioni solari sono intense; alta l’evaporazione ed enorme l’escursione termica. Le notti scendono sotto 0° e durante il giorno si raggiungono al sole anche i 40°C. Lo strato di terreno è limitato, costituito da ceneri, polveri e massi lavici lanciati lontano durante l’attività del vulcano. In queste inospitali condizioni sono state censite solo 55 specie pioniere. (1)
La vita vegetale in questa zona è limitata ad alcune specie erbacee dalla sviluppata capacità di adattamento a condizioni ambientali poco favorevoli.
Assieme a muschi e licheni lapidicoli che si insediano ricoprendo di rosso ruggine e grigio argento le rocce laviche, le fanerogame hanno sviluppato particolari strutture fisiologiche per sopravvivere. Carduus chamaecephalus, Asteraceae, ha forma appiattita con foglie pelose e spinose, fiorisce con un bellissimo capolino color porpora, dominano differenti specie di Helichrysum, Asteraceae, (H. kilimanjari, H. newii, H. cymosum, H. argyranthum, H. meyeri-johannis) provvisti di gemme lignificate, ciuffi isolati di Pentaschistis minor, Poaceae, l’erba del deserto con foglie sottili per ridurre l’evaporazione, spesso la parte centrale é morta e sopravvive solo l’anello esterno. Haplocarpha rueppellii, Asteraceae, e Haplosciadium abyssinicum, Apiaceae, hanno foglie crassulente a rosetta appoggiate al terreno per sfruttare il calore e sono ricoperte di fitti peli argentei che riflettono le radiazioni solari riducendo perdite d’acqua e di calore. Può lasciare sorpresi trovare all’Equatore la famigliare Arabis alpina, Brassicaceae, ma questa crucifera, elemento nordico-altitudinale, e distribuita su tutte le cime dell’Africa orientale e dell’Europa fino alla Lapponia.
5 – Zona sommitale
da 5. 000 m a 5.895 m
Ho attraversato questa fascia climatica il giorno dell’assalto alla vetta, da Barafu Camp (4630 m) all’Uhuru Peak (5895 m). non ho visto molto lungo la salita avvenuta per lo più al buio fino allo Stella Poin (5734 m). Qualcosa in più ho apprezzato in discesa, anche se il disagio legato alla quota alla fatica e la voglia di tornare al campo base hanno di fatto limitato l’osservazione minuta dell’ambiente circostante.
Questa zona è caratterizzata da condizioni climatiche molto fredde: basse temperature e forti gelate notturne, radiazioni solari molto intense, ossigeno rarefatto e le precipitazioni sono nevose.
Poche sono le specie vegetali che riescono a sopravvivere, tra le quali alcuni licheni che riescono a ricoprire le rocce come la Xanthoria elegans (Caloplaca elegans), mentre il primato per l’altezza delle piante superiori va attribuito a Helichrysum newii. Una piccola colonia fiorisce a 5.670 m in prossimità della fumarola orientale della punta Kibo, sfruttando il calore del terreno liberato dal vulcano. Tutto intorno i ghiacciai perenni occupano la caldera sommitale accentuando l’aspetto irreale del paesaggio, mentre in basso un mare di nuvole lattiginose ricopre le piante della più alta montagna africana.
Ultima modifica Domenica 16 Dicembre 2012 17:34