Relazione presentata al Convegno “Il deperimento delle alberate nell’ambiente urbano, Milano (1996).
- concetto di adattabilità evoluzionistico/funzionale
- specie autoctone/alloctone
- ambiente forestale/ambiente urbano
- fattori di variazione: T°C, UR, acqua, inquinamento, vandalismi, ecc.
- piante a Milano
- distribuzione della popolazione
- variabilità genetica delle popolazioni
- alcuni problemi specifici
- specie adatte
- specie poco adatte
- fattori di stress e deperimento
- proposta e conclusioni
Adattabilità è la qualità di ciò o di chi è adattabile (dal latino ad e aptus ‘adatto’)
Quando si afferma che una specie si adatta a un certo ambiente, significa che tale specie ha nella sua informazione genetica la possibilità di affrontare in senso positivo le nuove condizioni da esso imposte. In tale proposizione non vi è tuttavia nulla di dinamico: se un genotipo non è adatto, non lo sarà mai nel breve volgere del nostro orizzonte temporale; una pianta, paradossalmente, non “si” adatta, ma o “è” adatta o non lo è.
L’uso comune del concetto di adattabilità inoltre assume differenti sfumature legate al contesto di riferimento: si considera una pianta adatta all’ambiente urbano sulla base di una serie di considerazioni sulla sua funzionalità estetica e di gestibilità che poco hanno a che vedere con il concetto evoluzionistico di adattabilità, la cui attenzione è maggiormente incentrata sulla capacità di sopravvivere e concludere il ciclo biologico (riproduzione) della specie.
I criteri di valutazione di una specie per l’ambiente urbano
Quando si afferma che una specie si adatta a un certo ambiente, significa che tale specie ha nella sua informazione genetica la possibilità di affrontare in senso positivo le nuove condizioni da esso imposte. In tale proposizione non vi è tuttavia nulla di dinamico: se un genotipo non è adatto, non lo sarà mai nel breve volgere del nostro orizzonte temporale; una pianta, paradossalmente, non “si” adatta, ma o “è” adatta o non lo è.
L’uso comune del concetto di adattabilità inoltre assume differenti sfumature legate al contesto di riferimento: si considera una pianta adatta all’ambiente urbano sulla base di una serie di considerazioni sulla sua funzionalità estetica e di gestibilità che poco hanno a che vedere con il concetto evoluzionistico di adattabilità, la cui attenzione è maggiormente incentrata sulla capacità di sopravvivere e concludere il ciclo biologico (riproduzione) della specie.
I criteri per giudicare l’idoneità di una specie sono:
- caratteristiche morfologiche e fisiologiche (vigore, crescita radici, tronco e chioma, habitus, …);
- condizioni ambientali (clima e suolo);
- livello di manutenzione richiesta;
- longevità, resistenza ad avverse condizioni ambientali, capacità di crescita in condizioni estreme;
- stabilità tronco e rami per sicurezza del traffico;
- possibilità di impiego in situazioni particolari
Le specie sono:
- autoctone o indigene
- alloctone (naturalizzate acclimatate)
L’ambiente urbano
Tra le specie adatte ad una determinata zona climatica si tratta allora di individuare quelle adatte per l’ambiente urbano.
Gli ambienti sono:
ambiente forestale
╪
ambiente rurale
╪
ambiente urbano
Le specie arboree impiegate nelle alberate cittadine e in genere nel verde urbano sono specie forestali. Ma l’ambiente urbano presenta caratteristiche ecopedologiche diverse da quello delle foreste, per aspetti climatici (temperatura, umidità, radiazione, ventosità, ecc.), pedologici (scarsa permeabilità, asfissia, pH anomali, scarsità o eccesso idrico, salinità, ecc.) ed antropici (inquinamenti, traffico, fognature, manutenzioni stradali, ecc.). In funzione delle maggiori o minori capacità adattative della specie alle condizioni dell’ambiente urbano, questo complesso di fattori può agire più o meno pesantemente sul ritmo di sviluppo degli alberi e ne condiziona la longevità. La pianta, infatti, continuamente sottoposta a fattori abiotici e biotici di stress e di deperimento, resiste solo se continua a vegetare e quindi ad accrescersi, altrimenti deperisce e soccombe.
Inoltre alberi poco adatti possono essere un problema per la città: per la scarsa resistenza che eventuali esemplari deperienti possono mostrare nei confronti degli agenti atmosferici o in seguito a potature e ad attacchi fungini che ne compromettono la stabilità e quindi trasformare gli alberi in soggetti pericolosi per persone e per cose (Biondi, 1986).
Microambienti urbani
La città propone sostanzialmente 3 tipologie di microambienti:
- Parchi e luoghi di ricreazione. Microclima favorevole; sedimentazione e fissazione di inquinanti atmosferici; se sottoposti ad intensa frequentazione: compattazione del suolo, erosione, eutrofizzazione (N) delle acque.
- Quartieri residenziali densamente costruiti. Aria contaminata da sostanze pericolose (in particolare SO2 e polveri), notevolmente riscaldata; immissione nel suolo ed acqua di sostanze inquinanti.
- Zone di traffico di autoveicoli. Riscaldamento dell’aria, bassa UR; presenza di polveri e di altri contaminanti pericolosi; compattamento ed occlusione del suolo con diminuzione dell’incorporazione dell’acqua e degli scambi gassosi; nel suolo penetrano sali, Pb, Cd ed olio (per eventi accidentali).
Principali fattori che cambiano in un ambiente urbano
- Temperatura
Il clima nelle aree urbane tende ad essere più continentale delle aree circostanti, con più bassa umidità relativa dell’aria e con aumento delle temperature di 0,8-1,5°C. Rilevante è anche l’aumento della temperatura del terreno nelle città, anche di 7°C, causato dalla copertura in asfalto, che causa sensibili deperimenti delle piante ornamentali. Spostamenti estesi di ecotipi di aree meridionali poco resistenti verso Nord possono portare al deperimento a causa dell’eccessivo prolungamento della stagione di crescita, che perdura anche all’arrivo dei primi freddi. La riduzione della sopravvivenza degli ecotipi del Nord nelle aree del Sud è causata dalle gelate invernali e primaverili: interrompono crescita e perdono foglie presto con fotoperiodo più breve, quindi ricrescita in tardo autunno, riducendo resistenza alle basse temperature e diminuzione dei carboidrati (Boselli, 1989).
2. Disponibilità idrica
La richiesta di acqua atmosferica aumenta a causa delle temperature elevate, minore umidità relativa e canalizzazione del vento lungo le strade (aumenta la traspirazione). Contemporaneamente le capacità di rifornimento da parte della piante sono ridotte a causa di un limitato volume radicale e ridotta infiltrazione dell’acqua nel suolo compattato e coperto da pavimentazione.
Vi sono ipotesi che sia l’acqua il vero fattore limitante soprattutto per le piante in prossimità delle strade (alberature stradali).Vi sono tuttavia poche sperimentazioni in merito. Una di queste è stata svolta a New York da Whitlow e Bassuk (1988 su 2 specie arboree in Columbus Avenue e Central Park, analizzando in dettaglio il microclima e controllando il VPD (Vapor Pressure Deficit): è risultato che il VPD cumulato nella giornata è inferiore nelle piante del parco rispetto a quelle sulla strada di ampio traffico, che risultano essere più esigenti in fatto di acqua; il parco in estate è più fresco ed ha maggiore umidità relativa e più basso VPD; la temperatura dell’aria ha evidenziato differenze con punte di ben 9°C (da 41° a 32°C).
3. Inquinamento
E’ certo l’elemento più condizionante e che tende ad aggravarsi vieppiù. Tra i principali inquinanti, ricordiamo:
- SO2 anidride solforosa da combustione di combustibili fossili, idrogeno solforato (HS) e altri composti solforati gassosi, da decomposizione naturale della vegetazione e da alcuni processi industriali (manifattura della carta).
- NO e NO2 da combustione all’aria di combustibili fossili ad una certa temperatura.
- Monossido di carbonio (CO) prodotto da motori a combustione
- Anidride carbonica (CO2) da combustione di combustibili fossili e da industrie cementiere.
- Ozono (O3) da reazioni di tipo fotochimico: da [20-40] ppb normale a [150-300] ppb nelle aree urbane.
- Perossiacetil nitrato (PAN), prodotto come l’ozono
- Fluoruri, come idrogeno fluorato (HF), prodotto da industrie di latterizi, alluminio, fertilizzanti, acciaio.
- Metalli pesanti, prodotti da emissione naturale (in media 30-40% del totale nell’atmosfera) ma in maggior parte da fonti artificiali (fino al 96% del totale emesso per il Pb e 75% per il Cd).
- Fughe di gas.
- Altri quali: fitofarmaci e diserbanti, concimi, sali antigelo.
E’ sempre più pressante la necessità di selezionare piante resistenti agli agenti inquinanti.
In prossimità delle vie a intenso traffico si è osservato che specie con foglie ricche di peli e tricomi e rugose, come ad esempio Corylus avellana, Ulmus glabra e Rosa rugosa, accumulano 3-4 volte di Pb in più di specie a foglie glabre e lisce come Syringa vulgaris e Lonicera involucrata (Pedersen e Håbjørg, 1986).
E’ interessante la capacità filtrante di specie come il cipresso, Thuja occidentalis, tasso e platano nei confronti dell’anidride solforosa mentre Chamaecyparis pisifera, Acer campestre, Quercus robur e Sambucus racemosa hanno la stessa funzione nei riguardi del fluoro (Gellini, 1982).
Difficile la scelta delle piante in base alla resistenza al sale per il ghiaccio, poiché intervengono molti fattori e quindi non esistono regole fisse; in sostanza comunque tutti gli alberi vengono danneggiati (Autori vari, 1987).
L’adattabilità della pianta arborea all’ambiente urbano
Per ogni fattore ambientale esiste un campo di valori nell’ambito del quale la pianta (Andreis e Levy, 1988):
- offre una risposta ottimale di crescita e di sviluppo;
- sopravvive, se pur stentatamente;
- non è tollerante e quindi deperisce.
I fattori ambientali che maggiormente influenzano la crescita delle piante sono (Andreis e Levy, 1988):
- disponibilità di calore (quantità e distribuzione)
- disponibilità di acqua (quantità, distribuzione e qualità) ed umidità relativa
- disponibilità di luce (quantità e qualità)
- tipo di suolo (caratteristiche fisico-chimiche e microbiologiche, struttura)
Le piante vengono così descritte in base alle differenti esigenze. Vi sono così specie stenoiche, quali il Quercus coccifera (termofila, xerofile, eliofila, basifila e mediterranea), e specie eurioiche, che presentano cioè notevoli capacità di adattamento e crescita in ambienti anche molto diversi (le cosiddette specie “ubiquitarie” o “cosmopolite”).
L’ambiente urbano presenta una serie di fattori “non naturali” che possono variare anche in tempi assai brevi, sottoponendo la pianta ad una situazione di stress. Non è sempre detto che il singolo individuo possegga nella propria informazione genetica la possibilità di affrontare positivamente la nuova situazione, mentre è più probabile che una popolazione di individui geneticamente differenti abbia tale possibilità. In altre parole, nel caso di monocoltura clonale un evento letale porta alla morte di tutta la popolazione mentre nel caso di una coltura polispecifica o almeno polivarietale è possibile che un evento negativo provochi la morte solo di alcuni individui. Il mantenimento della diversità biologica tra gli individui permette quindi di aumentare le possibilità adattative della popolazione.
Il problema si pone in modo prepotente poiché l’attuale tendenza in campo vivaistico è di produrre individui geneticamente identici attraverso la clonazione per propagazione vegetativa e micropropagazione, in particolare, che, combinata con un marketing efficiente, ha diffuso materiale molto omogeneo in ambienti anche molto diversificati in Europa (Boselli, 1989). Se ciò, infatti porta ad indubbi vantaggi da un punto di vista estetico (piante con portamento identico e di uguali dimensioni) e gestionale (manutenzioni standardizzate), solleva qualche perplessità nel lungo periodo, quando l’insorgere di un evento sfavorevole a quel particolare genotipo porterebbe al contemporaneo deperimento di tutta la popolazione.
La soluzione del problema “scelta degli individui” da utilizzare nelle alberate cittadine non è tuttavia da ricercarsi escludendo l’una o l’altra soluzione, ma considerando la possibilità di ricorrere a cloni o a popolazioni geneticamente differenti a seconda dei casi e mantenendo un certo grado di biodiversità considerando l’insieme delle alberate cittadine nel loro complesso.
ESIGENZE TERMICHE | Valori ottimali | termofile
mesofile
|
Cercis siliquastrum
Fraxinus excelsior Liquidambar styraciflua |
ampiezza campo | euriterme
stenoterme |
Prunus avium
Quercus suber |
|
ESIGENZE IDRICHE | idrofile | Salix cinerea
Alnus glutinosa |
|
mesofile | Salix babylonica, Populus nigra, A. hippocastanum | ||
xerofile | Erica arborea | ||
ESIGENZE DI LUCE | eliofile | Pinus sylvestris | |
mesofile | Carya cordiformis | ||
sciafile | Evonymus europea | ||
ESIGENZE EDAFICHE | nutrienti (N-P) | eutrofiche
mesotrofiche oligotrofiche indifferenti |
Liquidambar styraciflua Aesculus hippocastanum
Pinus halepensis Auracaria araucna |
pH | acidofile
neutrofile basifile indifferenti |
Arbutus unedo
Carpinus betulus Sorbus chamaemespilus Lagerstroemia indica |
|
Ioni calcio | calcifile
calcifughe |
Fraxinus ornus
Rhododendron ferrugineum |
|
Salinità (Cl e SO4) | alofile | Tamarix spp.
Picea sitchensis |
|
ESIGENZE CLIMATICHE (1) | Continentali | Pinus cembra | |
Mediterranee | Pinus halepensis | ||
Oceaniche | Picea glauca |
(1) – In rapporto all’escursione termica ed idrica, alla quantità delle precipitazioni e loro distribuzione nel corso dell’anno.